7 maggio 2015

LA DEFINIZIONE
La direttiva 2001/110/CE riporta la definizione di miele quale: “sostanza dolce naturale che le api producono dal nettare di piante o dalle secrezioni provenienti da parti vive di piante o dalle sostanze secrete da insetti succhiatori, che si trovano su parti vive di piante, che esse bottinano, trasformano combinandole con sostanze specifiche proprie, depositano, disidratano, immagazzinano e lasciano maturare nei favi dell’alveare
Il Decreto Legislativo n. 181 del 23 giugno 2003: “Attuazione della direttiva 2000/13/CE concernente l’etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari, nonchè la relativa pubblicità”, che regolamenta l’etichettatura dei prodotti alimentari in generale, ribadisce all’articolo 2, il concetto che l’etichettatura non deve:
1) indurre in errore l’acquirente;
2) attribuire all’alimento effetti o proprietà che non possiede;
3) suggerire che l’alimento possegga caratteristiche particolari, quando tutti i prodotti analoghi possiedono caratteristiche identiche;
4) attribuire all’alimento proprietà atte a prevenire, curare o guarire una malattia.
La sanzione prevista per la pubblicità ingannevole va da 3500 a 18000 euro. Il Decreto Legislativo n.179 del 21 maggio 2004: “Attuazione della direttiva 2001/110/CE concernente la produzione e la commercializzazione del miele”. Sull’etichetta, come peraltro già previsto dalla normativa precedente al 2004 anche per gli altri alimenti, deve obbligatoriamente comparire:
1) la denominazione di vendita (es. miele);
2) il peso netto;
3) il nome o la ragione sociale o il marchio del produttore, o del confezionamento o di un venditore stabilito nella Unione Europea;
4) la sede (località ove è ubicata l’azienda o lo stabilimento) dello stabilimento di produzione o confezionamento (quando diverso dall’indirizzo del responsabile di commercializzazione già indicato in etichetta) del produttore o confezionatore
5) il numero di lotto;
6) il termine preferibile di consumo.
Al tempo stesso, vengono però introdotti con questo decreto, specifici obblighi per il miele:
1) l’indicazione del termine preferenziale di consumo;
2) l’indicazione del Paese di origine;
3) la sede dello stabilimento di produzione o confezionamento, laddove questo sia differente dal nominativo del produttore già posto in etichetta
SULLA PRESENZA DI RESIDUI
Dal 1988, il Ministero della Salute predispone annualmente il “Piano Nazionale per la ricerca dei Residui (PNR)”, un programma di sorveglianza e di monitoraggio della presenza, negli alimenti di origine animale, di residui di sostanze chimiche che potrebbero essere dannose per la salute pubblica.
Ai sensi del Decreto legislativo del 4 agosto 1999, n. 336, norma di recepimento delle Direttive comunitarie 96/22/CE e 96/23/CE concernenti il divieto di utilizzazione di talune sostanze ad azione ormonica, tireostatica e delle sostanze beta agoniste nelle produzioni animali e le misure di controllo su talune sostanze e sui loro residui negli animali vivi e nei loro prodotti, viene predisposto il PNR per la ricerca di talune molecole che rientrano in due categorie stabilite a livello comunitario:
- La Categoria A comprende le sostanze ad effetto anabolizzante e le sostanze non autorizzate per il trattamento degli animali da reddito;
- La Categoria B comprende:
- medicinali veterinari, cioè i farmaci autorizzati per il trattamento degli animali da reddito, per i quali l’Unione Europea definisce un “limite massimo di residuo” che non può essere superato nei prodotti destinati al consumo;
- contaminanti ambientali, come i metalli pesanti, i composti organoclorurati ecc.
Il PNR viene effettuato mediante l’analisi di campioni prelevati lungo tutta la filiera di produzione degli alimenti di origine animale ed interessa i diversi settori produttivi: bovino, suino, ovi-caprino, equino, avicolo, cunicolo, dell’acquacoltura, della selvaggina, del latte, delle uova e del miele.
I campionamenti vengono effettuati sia negli allevamenti (produzione primaria) che negli stabilimenti di prima trasformazione, come ad esempio i macelli o i centri di raccolta del latte.
Sulla base dei risultati analitici, in caso di riscontro di residui di sostanze il cui impiego è vietato o quando il tenore di residui di sostanze autorizzate o di contaminanti ambientali sia superiore ai limiti stabiliti, vengono attivati adeguati interventi a tutela della salute pubblica e, eventualmente, di tipo repressivo.
La normativa comunitaria di riferimento fa riferimento ad un cosiddetto Limite Residuale Massimo, poiché è impossibile che non vi siano residui nel miele, per cui vengono individuati i limiti massimi al di sopra dei quali le sostanze possono risultare nocive all’alimentazione umana.
Ad esempio:
- dal 2009, il limite consentito di sulfamidico nel miele in Italia è fissato a 5 mg/kg (Piano Nazionale Residui)
- che il miele non conforme in funzione della normativa vigente è classificato come sottoprodotto di origine animale non destinato al consumo umano di categoria 2 (Reg. CE 1069/2009 e Reg. UE 142 /2011). Come tale può essere destinato alla distillazione, all’esportazione in uno stato in cui esistono limiti massimi residuali per il miele e per il principio attivo per è risultato non conforme, o ancora alla distruzione.
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